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Basta!
Noi artisti proclamiamo la necessità di una nuova concezione dell'arte che consenta di conferirle valori significativi e tali da risolvere gli equivoci sulla nostra figura, sulla nostra collocazione nella società e sul rapporto con i collezionisti.
Noi proclamiamo che praticare l'arte costituisce il massimo grado della nobiltà dello spirito, nobiltà che non si estrinseca in questa o quella formula estetica ma nella profondità della concezione che ispira l′artista, concezione etica radicata in termini soggettivi nella profondità del suo io, ma destinata ad oggettivarsi allorché, com′è suo dovere, egli si erge a critico austero del presente.
Diciamo quindi drasticamente "basta" a tutte le concezioni che ignorino tali principî inalienabili e che contribuiscano a coinvolgere l'artista testimone nella banalità che affligge tante delle pseudo-ideologie correnti, quelle che inducono a a produrre tele inutili, statue e ceramiche malinconicamente destinate ad accumularsi nei depositi dell′oblio perché prive dell'altezza spirituale cui dovrebbero ispirarsi.
Noi desideriamo sgomberare l′orizzonte dell′arte da tutte le effimere estetiche formulate al solo scopo di giustificare pratiche piene di superficialità e votate alla pedissequa imitazione.
Gli artisti lamentano la difficoltà di vendere i loro prodotti e non si rendono conto che il pubblico è disorientato da mille proposte caduche e da un Novecento che è stato uno sconfinato cimitero di correnti artistiche, tanto che i collezionisti sono sconcertati non disponendo di sicuri elementi di giudizio per distinguere i prodotti dello spirito da quelli della mano. Proprio per questa ragione gli artisti devono scendere dalla loro turris eburnea per far comprendere le loro ragioni avendo l′umiltà di giustificare le proprie scelte.
Devono ad esempio spiegare perché abbiano deciso di negare il dato reale a vantaggio dell′astrazione e cosa significa e dove conduce l'astrazione pura, priva di ogni legame con l′universo tangibile; devono far comprendere che quella negazione non è un capriccio, ma che interviene nel preciso momento in cui essi non trovano più nel visibile ispirazione per esprimere l′ineffabile. In questa pratica devono farsi guidare dalla più assoluta sincerità, la categoria spirituale dalla quale scaturiscono i capolavori.
Gli artisti-non artisti in quanto privi di spiritualità, non importa se laica o religiosa, possono purtroppo contare sul plauso e sugli omaggi di una folta schiera di critici che tali non sono in quanto il loro intervento si limita ad affastellare incredibili quantità di auliche parole nel loro insieme prive di senso quando invece il vero esegeta ha il duplice còmpito di aiutare gli artisti ad esplicitare le loro ragioni e a segnalare al pubblico gli autentici talenti che talora faticano ad emergere, soffocati da strutture che rispondono ad esigenze meramente commerciali.
I fraintendimenti che affliggono l'esercizio artistico sono stati favoriti negli ultimi anni dal processo di deculturazione della società italiana, formata ormai in larga parte da personaggi chiusi in un loro vacuo ed impenetrabile egocentrismo, insofferenti di ogni sistematica applicazione allo studio, ma certi di essere in grado di esprimere pareri e giudizi su qualunque argomento.
Lo studio dei valori artistici esige sensibilità, intelligenza e cultura, ma se tali sono le premesse, l'artista dei nostri giorni è assai ad un naufrago poiché la sensibilità è rara, l′intelligenza scarsa, la cultura una fenice. Come può il suo messaggio penetrare tale cortina d'indifferenza e d'ignoranza? Ecco la domanda che ci poniamo e alla quale desideriamo dare una risposta.
Risposta senza dubbio difficile ove si consideri che prima di affrontare un qualsiasi argomento di notevole impegno culturale occorre superare le barriere linguistiche che si sono andate sedimentando nell'ultimo trentennio. La gente si esprime ormai quasi esclusivamente con frasi fatte, spesso destituite di significato, ma che suonano bene ed è afflitta da incontrollate derive nominalistiche e da una incredibile resistenza alla noia da ripetizione. Trovata un'espressione accattivante e spesso insulsa, essa viene replicata all'infinito con un perverso gusto nello storpiare la lingua italiana.
Dobbiamo quindi recuperare l′antica dignità del pensiero e dell′impegno etico-culturale che hanno a lungo qualificato intellettuali ed artisti in quanto coscienze critiche del loro tempo.
In un mondo influenzato e forse diretto da poteri definiti ″occulti″, ma che tali non sono; in una stagione culturale di frasi vacue e di concettuzzi prefabbricati che tutti ripetono con grande sicumera, convinti di esprimere alte opinioni in proprio, il destino dell'arte non può che ammantarsi di funeree vesti.
Funeree vesti che noi ci rifiutiamo d'indossare. Lanciamo invece un forte richiamo a tutte le persone, artisti e amanti dell'arte, dotate di sentimento, d'intelligenza e di autonomia intellettuale affinché compiano uno sforzo comune per contrastare la pericolosa banalità del nostro tempo. Occorre comprendere che se il prodotto artistico può anche essere un bene-rifugio o un investimento a medio/lungo termine, esso è soprattutto un elemento che contribuisce a creare la gioia di vivere.
Nessuno può prevedere quale fra cento artisti viventi diventerà il genio del secolo, ma che importa se la tela sulla quale non scenderà l′ala dell′eternità mi ha reso felice per mezzo secolo? Questo è il significato ontologico dell′arte, non l′investimento miliardario.
Noi rifiutiamo pertanto di lasciarci travolgere dai perversi ingranaggi delle ragioni di mercato. Noi non intendiamo creare un partito politico perché il nostro partito è l'umanità o, meglio, i singoli individui che la formano. È quindi all′uomo comune che noi rivolgiamo il nostro appello. Tra i falsi orpelli di una società nella quale l'apparire prevale sull'essere, ricòrdati della tua dignità e rammenta che l'arte, fatta o contemplata, è la più alta forma di consolazione, di conoscenza e di arricchimento spirituale.
Dipingi, scolpisci, scrivi poesie, affronta il racconto, suona uno strumento, compera oggetti d′arte. In una qualsiasi di queste attività sii autonomo e dimentica le frasi fatte e tutti gli infingimenti che ti circondano. Non darti cruccio se ritieni di non essere un grande artista, ma rammenta che quanto produci è l’immagine della tua sfera personale e che non si può escludere che altri si riconoscano nelle tue istanze e siano attratti dalla tua opera.
Nell′acquisto di opere d’arte tieni presente il parere dei critici solo quando esprimono giudizi comprensibili e circostanziati e strappa la pagina ogni volta che ti trovi di fronte a ridicole esibizioni di bassa letteratura e non dimenticare che spesso essi sono condizionati da ragioni puramente commerciali.
Credi soprattutto nel tuo gusto, al semplice «mi piace» o «non mi piace». Non si tratta del giudizio di un incolto, ma il criterio di scelta teorizzato da un grande filosofo come Immanuel Kant.
A voi, artisti, rivolgiamo un appello: unitevi a noi nello sforzo di conferire valori ad una società che si è globalizzata nel nome del consumo e di poveri slogans. Non vi chiediamo di scendere in strada, ma di testimoniare giorno dopo giorno con il vostro talento una presa di posizione critica nei confronti di un mondo povero di valori e di senso del bello. L′opera d′arte non è un pezzo d′arredamento, ma uno stimolo di elevazione spirituale e di consolazione esistenziale. Siatene consapevoli ed operate in questo senso.
Assumete una posizione attiva di denuncia, opponetevi alla massificazione.
Bisogna recuperare due concetti fondamentali: quello che si richiama alla «missione del dotto» teorizzata da Fichte e l'altro, più recente, che ha tracciato una linea distintiva fra l'arte del passato e quella del presente, una linea che riconosce alla prima grandi doti di bellezza e di eccellenza tecnica e alla seconda la capacità di trasferire sulla tela non soltanto immagini ma anche concetti. Ciò è stato troppo dimenticato, ma non è troppo tardi e tantomeno impossibile riproporlo.
Queste considerazioni non valgono solo per la arti figurative ma per ogni genere di creazione nella quale fantasia, ispirazione e tecnica si fondino per creare qualcosa degno dell'uomo e della sua intelligenza.
Noi dobbiamo far pensare i nostri spettatori ed indurli a ragionare su se stessi, sul proprio destino, sulle ragioni dell'esistere e sul mondo che li circonda, un mondo che non si identifica nei telegiornali ma nella conoscenza vera, capace di andare oltre le apparenze per attingere nel profondo l'intimità dello spirito, là dove sta il vero, il bello e il buono, ossia l'oggetto ultimo della ricerca filosofica.